E se Nietzsche aveva ragione?

E se i sogni non fossero solo pezzi di mondo che non possiamo vivere, ma proiezioni di cose in cui crediamo e che inconsciamente realizziamo tutti i giorni? Tormento, estasi, rancore, perdono, gioia, tristezza, allegria, malinconia…passaggi obbligati ed esperienze mistiche sempre più reali vissute in cerca di una sola risposta: ma che rumore fa la felicità?

E se Nietzsche aveva ragione? Siamo veramente capaci di gridare il nostro “si” totale al mondo senza poi avere paura di subirne le conseguenze?  Se l’esaltazione infinita dell’infinita vita non fosse banale rassegnazione alla vita, ma la sua accettazione integrale, l’unica scelta che consentirebbe di trasformare il dolore in gioia, la lotta in armonia, la crudeltà in giustizia, la distruzione in creazione…?

Se la potenza della vita ti permette di cadere, rialzarti, ricadere e rialzarti con la certezza di ricadere, ma non per questo con la paura di camminare, non è forse vero che l’unica speranza che abbiamo sempre, sempre, è quella di gridarlo forte il nostro “si” totale al mondo?

E in queste notti che regalano canzoni, film in bianco e nero e fotografie; in queste notti alle porte di una primavera ancora addormentata sotto piumoni invernali, annebbiata dall’incenso che continua a bruciare, riscaldata da un tè riportato da Ankara in una tazza comprata a Toledo; in queste notti qui mi siedo sulla luna e contemplo curiosa i giochi delle stelle che illuminano per un attimo il mio piccolo e infinito pezzo di cielo.

Pochi pensieri, poche parole, poche certezze.

Falso.

Una marea di pensieri, una moltitudine di parole che si accalcano senza assumere un significato, un vortice di certezze che rassicura e spaventa. Un domino di sensazioni che non trovano sfogo se non tramite incomplete espressioni di emozioni spezzate. Sussulti. Moti. Le carte cambiano colore ogni volta che giro i pennelli nell’acqua mentre l’acrilico rapprende su una tela che brilla forse più delle stelle.

Ed è stupenda. Suona come la Pastorale, danza come come il Kaiserwaltzer…ha l’impeto dell’Inverno di Vivaldi, la cadenza del Bolero di Ravel…ha il colore di una sinfonia di armonie e disarmonie, un susseguirsi di note su tre chiavi che deprime e seduce, libera e conquista. E’ Elvis. E’ Sinatra. E’ Armstrong.

E’ veramente perdersi in quadro di Van Gogh.

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