Sono arrivata ad Amsterdam una mattina di fine Agosto, con sole del Nord Europa che accendeva i deliziosi colori del centro e il vociare allegro degli universitari in procinto di iniziare un nuovo anno accademico.
La giornata era cominciata pigra e stanca, sotto la pioggia battente di Nord Pas de Calais, ma l’idea di attraversare ben due confini per arrivarci era comunque elettrizzante. É stato il giorno in cui, mentre percorrevamo la E15, la radio francese dava notizia dell’attacco sventato sul treno Amsterdam – Parigi, da parte di due Marines statunitensi, nell’annus horribilis 2016. La notizia arrivava dopo i tragici attentati in Belgio, Francia e Germania, avvenuti in marzo, giugno e luglio di quello stesso anno. L’anno in cui abbiamo imparato che la nostra Europa, quella dei tempi dell’Erasmus, non era più la stessa. L’anno in cui, in tanti, tantissimi, abbiamo deciso che non avremmo lasciato a nessuno il potere di cambiare le nostre vite.
Decidevamo, forse per questo motivo, di proseguire il viaggio e arrivavamo in città con l’istinto di vivere il momento. Era la scelta giusta, probabilmente l’unica.
E il sole fu un’inaspettata sorpresa.

Amsterdam è spesso considerata una capitale minore rispetto alle colleghe europee. Eppure conta circa 900mila abitanti, che arrivano a quasi 3 milioni se si considera anche tutta l’area metropolitana. Dal 2010 la zona centrale, incorniciata dai deliziosi canali del XII secolo, è Patrimonio dell’Unesco e con oltre 5 milioni di turisti l’anno la città si conferma regolarmente come la città più visitata d’Europa.
Merito dei coffee shop e della legalizzazione? Non solo.
Si arriva qui sull’onda dello slogan la Venezia del Nord, ma ho avuto difficoltà a capirne il motivo. La capitale olandese ha un carattere molto forte e un’identità ben definita, sicuramente lontano dal mito di Venezia, dal suo romanticismo decadente e ineguagliabile. Non per questo, tuttavia, risulta meno interessante o intrigante agli occhi di chi la guarda per la prima volta.
Passeggiando lungo i canali, ci troviamo di fronte una popolazione vistosamente giovane rispetto a ciò a cui siamo abituati, un po’ perchè il paese vanta un’età media di 41 anni, un po’ perchè Amsterdam ospita una delle Università europee più improntate all’internazionalità e in grado di gestire la multiculturalità come un valore e un elemento di crescita costante.
Lasciamo il gettonatissimo Hans Brinker Hostel, dove alloggiamo con l’incertezza di chi è appena entrato nei 30 ma se ne sente ancora 20, per percorrere la centrale Kerkstraat in direzione Prinsengracht – il canale più famoso di Amsterdam insieme al Keizersgracht, Herengracht e Singel.

Lo attraversiamo all’incrocio con Spiegelgracht proseguendo fino al Museumbrug che ci traghetta sulla Museumplein, la verde piazza su cui si affacciano i maggiori Musei di Amsterdam.
A padroneggiare lo scenario, il Rijskmuseum, quello dell’età d’oro delle arti fiamminghe. Fondato nel 1800 la struttura è stata oggetto di progressivi ampliamenti e miglioramenti architettonici e si presenta oggi con un profilo austero ma elegante, del tutto in linea con il carattere della città. Aperto fino alle 17.00, è un vero e proprio viaggio nella storia dell’arte dal Medioevo al XX Secolo e dedica uno spazio privilegiato alla scuola olandese con particolare attenzione alle opere di Vermeer e Rembrandt. Gli preferiamo il vicino Museo di Van Gogh, che ospita la più grande collezione di opere del pittore olandese e i suoi celebri capolavori i Girasoli, I mangiatori di patate, il Ramo di mandorlo fiorito, la Cameretta e molti altri. Facilmente individuabile per la lunga coda che si crea già dall’apertura, il museo è un must anche per chi non ama l’arte. Perchè Van Gogh trascende il concetto di arte stessa…e lo intuisci facilmente dall’entusiasmo di tutti quelli che vengono ammaliati dall’intesità dei suoi gialli e dalla profondità dei suoi blu.

Ancora sul Museumplein, incontriamo il Museo di Arte Moderna e il Museo di Arte Contemporanea e di Design. Che quasi snobbiamo per correre verso l’iconica scritta I amsterdam.
Nata per una campagna di marketing in favore delle attività imprenditoriali dell’area metropolitana di Amsterdam, l’opera è l’esempio più lampante della capacità olandese di trasformare qualsiasi iniziativa in un’attitude in grado di permeare la cultura locale al punto da stravolgerla. E rimanere indifferenti è praticamente impossibile. Criticata per lo stile moderno e modernista, forse ridondante in un luogo che propone un percorso culturale di prima qualità, la scritta è riuscita in breve tempo a raggiungere la vetta dei posti più fotografati della città, definendone il carattere identitario e di appartenza: siamo cittadini del mondo. Siamo Amsterdam.

Il weekend scorre via come un fiume in piena nel vortice concentrico dei canali storici che percorriamo fino alla casa di Anna Frank sul Prinsengracht e al delizioso mercato dei fiori sul Singel fino a ritrovarci in Piazza Dam.
Grande e quasi dispersiva rispetto alla contenuta dimensione delle strade circostanti, Piazza Dam – solo Dam per gli olandesi – è la piazza del mercato, e la più importante della città. Sorta verso la fine del 1200 è sede di numerosi edifici storici tra cui il Palazzo Reale, ma soprattutto è il posto in cui nasce il nome Amsterdam: la diga (Dam) costruita sul fiume Amstel, sorgeva proprio qui.

Da Piazza Dam a De Wallen, il quartiere a luci rosse, è questione di 200 metri, forse meno. E sei un’altra città. Probabilmente in un’altra dimensione. Vederlo di sera è un’esperienza raccomandabile per chi vuole veramente capire di che si tratta, al di là di qualunque giudizio, e qualunque considerazione.
Le vetrine illuminate di rosso si snodano lungo le stradine del quartiere e ti ritrovi spettatore di te stesso sul palcoscenico di un carnevale di fine 800 ambientato in un’era futuristica. Le padrone incontrastate di vicoli illuminati ad arte, di penombre al neon e accessori in pelle sono loro: le signore della notte. L’aria è quella del burlesque più spinto, dei bordelli parigini, delle tele rosse dei circhi di Chagall: c’è tutto. Forse anche un velo di tristezza, ma chissà.

Eravamo arrivati ad Amsterdam per farci un selfie con la scritta, e strappare due foto al caro Vincent. Siamo stati travolti da una città libera e indipendente che guarda in faccia il mondo e lo arricchisce vivendo pienamente nel suo tempo.
La nostra toccata e fuga si chiude in una domenica assolata in cui compriamo tulipani di legno e zoccoli olandesi.
Non so immaginare il viaggiatore a cui Amsterdam potrebbe non piacere. È dinamica e affascinante per le giovani coppie, romantica e caparbia per le persone più mature, perfetta per i gruppi di amici, stimolante per gli artisti. Un’ottima compagna per chi viaggia da solo. E’ turistica e al tempo stesso ricercata. Sofisticata e meta di perdizione. E’ un coacervo di culture che hanno saputo conferire alla città un’identità che non può sfuggire a chi si mette in cammino con il desiderio di apprendere.
Il suo motto è Heldhaftig, Vastberaden, Barmhartig.
Lei è così.
Valorosa, decisa, misericordiosa

Ci rincontreremo, Amsterdam.
Ci rincontreremo.
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