Nessuno riesce a definirla bella, eppure – per noi ragazzi italiani cresciuti a telefilm americani – Los Angeles riesce a diventare un’esperienza da raccontare con l’espressione di chi ha ancora il dubbio che sia accaduta veramente.
Surreale con tratti di cinematografia pura, la vita a Los Angeles è probabilmente quanto di più lontano dalla cultura europea, dal nostro senso del bello e dal nostro senso del gusto. Non so dire cos’è stato. Forse il lusso sfrenato ostentato a Beverly Hills. Forse quel senso di onnipotenza che solo il benessere economico che sa di tracotanza riesce a rendere effettivamente accessibile. Forse il fatto che il rombo delle Lamborghini, delle Ferrari e delle Maserati a Rodeo Drive confonde più di una serata tribal-house. Ma l’espressione perplessa sui volti di chi ha avuto modo di viverla, anche solo per un attimo, è la descrizione più intellettualmente onesta della città. Perché in nessun posto ho visto così tante contraddizioni tutte insieme e un classismo di maniera che è cornice di un approccio alla vita sempre vario e poliedrico.
Un blockbuster d’annata.
Los Angeles è Pasadena, Santa Monica, Venice, Hollywood, Beverly Hills, lo sfarzo del glamour delle ville milionarie. E’ gli immensi spazi tra un centro e l’altro, la sporcizia delle strade di periferia, la stravaganza dei personaggi che affollano gli autobus, la percezione netta, nettissima, di un ché di finto che è terribilmente vero. Come le Porsche blu puffo e i clochard recitano il Faust.
E poi c’è il mito.
Sarei voluta arrivare a Hollywood nei primi anni ’90, probabilmente all’apice del suo splendore e nel pieno dello star-system, quando Brad Pitt aveva ancora i capelli lunghi e Winona Rider diventava l’icona di un’intera generazione con i suoi rossetti scuri e l’attitudine grunge da ragazza un po’ persa e un po’ incazzata.
La prima sensazione che ho avuto quando ho messo piede sulla Walk of fame si è concretizzata nell’immagine di una vecchia gloria che oggi mostra i segni del tempo vestita esclusivamente del suo fascino eterno.
Ma la scritta che campeggia sul Monte Lee ti ricorda che c’è una sola, vera, grande priorità nella vita: sognare.
E tu, ragazzo 90210 che California here we come, tu, che senti riecheggiare nell’eternità la leggenda di Richard Gere che dal tetto della limousine gridava a Julia Roberts “Vivian!!! Principessa Vivian!!” non riesci a non immergerti nel confine tra la realtà e la finzione che vedi fondersi intorno a te.
Che sei parte del film che stai guardando.
E che, a ben guardare, sei la vera guest star del viaggio stai scrivendo.