Avevamo solo 5 giorni per vedere Barcellona. Che detta così sembrano un’infinità.
Quando siamo scesi a Plaça de la Catalunya era una mattinata di Luglio come tante. Per le strade giovani in vacanza e amanti del mondo, solo la spensieratezza di un città che sa accogliere ovunque lo sguardo si posi. Trascinavamo i nostri bagagli giù per Las Ramblas con l’ansia di vivere quelle giornate nel modo più leggero possibile, di non soffermarci a pianificare e scandire le ore su una mappa. Con la voglia di abbandonarci ad un posto che ti porta a spasso con la gentilezza di un lontano parente, e ti travolge con il calore dell’amico più caro. Perchè Barcellona è una città che ti prende di petto e a cui non riesci a dire no. Mai.

Con oltre un milione e mezzo di abitanti, che raddoppiano se consideriamo l’area metropolitana, Barcellona è riuscita a colorare di cultura e cosmopolitismo anche i suoi angoli più remoti coniugando tradizione e contemporaneità in un susseguirsi di quartieri vitali e mai scontati. Quasi superfluo investire del tempo a pianificare il viaggio nei minimi dettagli. Barcellona non si può visitare. Barcellona la devi vivere. Ma soprattutto, la devi sentire.
Giorno 1: Il Parc Guell tra meraviglia e esoterismo
Scegliamo di iniziare la nostra avventura catalana dal Parc Guell, i giardini di Gaudì divenuti patrimonio dell’Unesco dal 1984.

Progettato per rivoluzionare l’assetto urbanistico a nord de l’Eixample, l’intero complesso venne commissionato a Gaudì dall’impresario Eusebi Guell, che durante un viaggio nell’Inghilterra riformista e politicamente attiva di fine Ottocento era rimasto affascinato dall’idea di città-giardino proposta dall’urbanista inglese Howard. Il suo obiettivo divenne quindi riproporre in terra catalana il mito di un nucleo urbano autosufficiente che potesse coniugare la spensieratezza della vità in campagna con gli agi della vita di città. In realtà, delle 60 abitazioni previste nel piano originale di urbanizzazione ne vennero realizzate solamente 3, tra cui quella che poi divenne nota come la casa di Gaudì, in cui l’architetto visse con l’anziano padre e a nipote fino all’inizio dei lavori della Sagrada Familia.

Nessuno si mostrò interessato a comprare fastosi edifici preferendo quasi sempre l’area rurale a sud del quartiere Eixample. Il Parco fu quindi l’unico elemento effettivamente iniziato e completato, e riscosse praticamente da subito un interesse del tutto opposto all’armonizzazione prevista dal piano originale. Prese ad ospitare concerti, manifestazioni, balletti, opere teatrali, al punto che dopo la morte di Gaudì i suoi eredi decisero di farne dono alla città di Barcellona, il Comune ne prese possesso nel 1922 e il parco divenne definitivamente pubblico.

Non so dire se saremo mai abbastanza grati alla famiglia Gaudì per aver consentito alla gente comune di vivere questo volo pindarico tra mondo reale e mondo dei sogni. Il Parco è un susseguirsi di magie strutturali che rapiscono chi si avventura nella fitta vegetazione conducendolo in angoli segreti in cui arte e scienza si fondono in una perfezione architettonica che non lascia nulla al caso. L’intero percorso è impregnato di un esoterismo che emerge prepotentemente all’occhio dell’osservatore che sa come guardare e che, accolto dalla Salamandra, inizia il suo viaggio in un sogno di pezzi di vetro e ceramica affogati nel verde e scolpiti nella pietra.

Durante il Medioevo la salamandra, per la temperatura molto bassa del suo corpo, era ritenuta in grado di vincere contro le fiamme degli inferi e quindi sul male.
Giorno 2: Las Ramblas e Barrio Gotico
Se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire il vociare allegro e scomposto della lunga passeggiata che congiunge Plaça de la Catalunya al mare. Las Ramblas sono le scolaresche in gita, gli amici che festeggiano improbabili addii al celibato, coppie innamorate di qualunque età che si lasciano intrattenere dagli artisti di strada e si rallegrano con bevande colorate che sanno di sole e felicità.

A costeggiare Las Ramblas, l’emblematico Barrio Gotico, il quartiere più rappresentativo della Città vecchia, un posto senza tempo in cui un labirintico reticolo di vicoli medievali ci proietta in un pezzo di storia color porpora e ocra. Passato e presente si fondono nel gioco di ombre e luci che accompagnano ogni passo fino all’imperdibile Piazza San Filippo Neri, in cui il tempo è fermo mentre tutto scorre.

Vale la pena passare la giornata a perdersi tra i caratteristici luoghi di ritrovo, ristorantini all’aperto, esposizioni d’arte contemporanea dietro i pesanti e antichi portoni su strada, murales improvvisati che colorano di presente attimi di assoluta eternità.
Giorno 3: Barceloneta e la zona del porto
Una città che ti permette di partire dal centro storico e di arrivare al mare in pochi minuti ha dell’eccezionale. Te ne rendi conto quando proseguendo su Las Ramblas l’afa estiva si trasforma in odore di salsedine e la brezza ti rinfresca il volto mentre ti ritrovi a guardare le onde leggere che accarezzano il bagnasciuga di una spiaggia gremita di giovani e spensieratezza. Impossibile resistere al gusto di bagnarsi i piedi.

Abbiamo passeggiato sul lungo mare inoltrandoci all’interno di un quartiere che ha l’aria di casa, con i teli da mare stesi al balcone, e ragazzi in ciabatte che rallegrano i vialetti tra selfie e risate. Ci siamo divertiti a comprare souvenir, cappelli di paglia e occhiali di sole a specchio. Siamo rimasti a piedi scalzi a guardare il sole tra le palme, giovani famiglie con i bimbi in costume sulle spalle, studenti stranieri in skype call con paesi lontani, rayban e panama bianco…Barceloneta è adesso.
Giorno 4: Camp Nou
Poi, inevitabilmente, il must. Il Camp Nou.

Il Camp Nou è uno degli stadi più famosi del mondo, ha una capienza di circa 100mila persone e si presenta come una piccola città dello sport in cui i tifosi e soprattutto gli appassionati di calcio possono fare un tour all’interno dello stadio, negli spogliatoi e nel bellissimo Museo del Barça. Con i suoi 3500mq di esposizione, il museo è un meraviglioso viaggio nella storia della squadra, raccontata con emozione attraverso filmati, fotografie, e trofei vinti. Passeggiando all’interno del complesso si respira la parte migliore dello sport, non solo tifosi del Barça o appassionati di calcio, ma centinaia persone desiderose di capire da vicino il perché di un fenomeno che entusiasma e unisce oltre ogni confine. Se la permanenza in città lo consente, vale la pena farci un salto. E dedicare il resto della giornata ad una qualsiasi delle altre meraviglie che la città offre.
Giorno 5: La Boqueria

Ora, se la capitale della Catalogna è un posto in cui i colori si rincorrono, scappano e ti inseguono riscaldando le giornate di allegria e fantasia, la Boqueria è probabilmente la tela su cui Barcellona li raccoglie tutti, riuscendo ad abinare ad ogni sfumatura un sapore preciso.
La Boqueria è così. Un guazzabuglio di parole, odori e mestieri in cui il turista divora con gli occhi e si tinge di emozioni.
Ci passiamo la mattinata del nostro quinto ed ultimo giorno, prima di risalire Las Ramblas in direzione Plaça de la Catalunya, dove prenderemo la navetta per raggiungere El prat. L’allegria che ci aveva contagiati all’andata si trasforma in un’inaspettata nostalgia…pensavamo di andare in vacanza, siamo ripartiti col cuore pesante di chi lascia un posto in cui si sente a casa…

Barcellona è un mood. E’ una sensazione che ti tiene sveglio perchè riesce ad essere tutto quello che avevi immaginato sarebbe stato e al tempo stesso il ricordo del posto in cui tanto altro avrebbe ancora potuto essere.
Caldo, sole, gioventù, sogni di una notte di mezza estate. Barcellona è colore, arte, architettura, cultura, odori e sapori. Ferma. Eppure dinamica.
Non so se esiste un momento per vivere Barcellona. Ma ora so che è la città libera in cui ognuno trova la sua età.
Se Parigi è la città che rappresenta l’Europa, se Roma ne è la Storia, Londra l’evoluzione e Berlino la testimonianza, Barcellona è e rimane senza ombra di dubbio lo spicchio di sole che la riscalda.
Il sorriso dell’Europa.